Progetto carn@alpina: R.A.R.E. e ProSpecieRara invitate a parlare di razze caprine a rischio di estinzione

di Luigi Andrea Brambilla

27 Dicembre 2005

momenti di discussione

Alcuni momenti di discussione

Il 24 Novembre 2005 nell’ambito del progetto carn@lpina (Interreg IIIA), si è svolto un incontro con gli allevatori di capre elvetici di Val Maggia, all’interno del quale si è parlato approfonditamente di capre locali e del loro stato di salvaguardia. ProSpecieRara ha presentato il suo progetto per il recupero della capra Grigia di montagna e R.A.R.E. ha esposto una relazione sulle problematiche attuali delle capre alpine. Gli interventi sono stati seguiti con grande interesse da parte degli allevatori e ne è seguito un approfondito scambio di idee su quale sia il vero significato di agire su una razza alla soglia dell’estinzione e il difficile rapporto con le altre confinanti se ad uno stato di salvaguardia più avanzato.
ProSpecieRara ha dettagliatamente parlato del loro attuale impegno nella definizione dello standard ufficiale della capra Grigia, dell’aver avviato il riconoscimento di questa razza a livello centrale e dell’aver intrapreso da alcuni anni il censimento e la registrazione dei diversi soggetti ancora allevati. Noi di R.A.R.E., invece, ci siamo soffermati su argomenti generali di tutela, cercando di accompagnare gli allevatori attraverso il sentiero delle scelte di salvaguardia, che se correttamente percorso riduce il pericolo di estinzione di una razza caprina alpina.
Partendo da tutto ciò che è cambiato o è rimasto uguale dalla domesticazione della capra ad oggi, si è arrivati, a tappe successive, all’interpretazione di quali siano le condizioni che si devono verificare prima dell’affrontare il miglioramento funzionale di queste razze.
R.A.R.E. si è così congedata ribadendo che <<….il sentiero della tutela delle razze caprine alpine locali non è impossibile, ma il cammino deve seguire un percorso guidato, comune e strutturato da piani di intervento continuativi…,…il sentiero del miglioramento delle razze caprine locali è possibile, ma il cammino deve seguire un percorso responsabile e da intraprendersi quando i tempi si presentino maturi….>>

Il progetto Interreg carn@alpina, coinvolge diversi partners italiani ed elvetici sul tema delle carni alternative prodotte in quota. In particolare ha l’obbiettivo, con lo svolgimento di indagini approfondite sulle caratteristiche nutrizionali e organolettiche delle carni di capra e di pecora, di ideare e indicare delle strategie rivolte alla promozione del loro consumo sotto forma di produzioni tipiche. A questo si affianca la formazione e l’informazione degli allevatori attraverso l’utilizzo e la diffusione delle nuove tecnologie mediatiche con l’obbiettivo di ridurre l’isolamento delle realtà allevatoriali più “emarginate”.
Così lo strumento dell’Interreg, promosso dall’Ue per favorire una sempre maggior cooperazione fra paesi con problematiche comuni, diventa oggi indispensabile per mettere in campo nuovi procedimenti di iniziative territoriali anche per le nostre capre alpine.

Anche se senza i grandi clamori tipici di alcuni prodotti agricoli italiani di importanza internazionale, gli esempi dei differenti prodotti carnei di capra su tutto l’arco alpino italiano e estero potrebbero essere infiniti. Da anni in Liguria la carne di capra e di pecora è valorizzata con un metodo semplice e immediato. Ciò avviene con la preparazione di vari piatti tipici durante le numerose sagre locali. In particolar modo, in provincia di Imperia e precisamente sul territorio della Comunità Montana Valle Argentina, durante le rinomate feste popolari si consumano grandi quantità di “rostelle”, piccoli spiedini di capra, e di “capra e fagioli” o “montone all’argentina”, quest’ultimo in nome dell’omonima valle e non del territorio del Sud America, come si potrebbe erroneamente pensare. Anche in Valle Maggia, dove si è svolto il nostro incontro, i “cicitt”, piccole salsicce di capra da cuocere sulla brace, hanno un elevato successo fra i residenti e gli abituali frequentatori della valle.
La provincia del V.C.O. da questo punto di vista non è da meno. L’interessante pubblicazione “a tavola nell’ossola”, edita nel 2003 dalla Comunità Montana omonima, ha censito più di dieci piatti a base di carne di capra. Fra questi meritano menzione, il “bollito”, preparato a partire da carne salata (antico metodo di conservazione), e, per citarne uno con la carne ovina, il “mutùn alla sau”.

A fronte di tutto questo, non va dimenticato, che, per rivalutare il settore caprino nel territorio alpino, si devono mettere in campo forze e strategie che abbiano come finalità quella di promuovere, non una, ma tutte le produzioni legate a questo settore. Solo l’equilibrata valorizzazione di latte e formaggio, salumi, carne di capretto e di capra, unitamente alla risoluzione delle difficili problematiche tecniche dell’allevamento tradizionale-pastorale e di tutela delle razze locali in particolare, può costituire la formula vincente perché gli allevatori tornino a credere in un settore troppo spesso associato alla miseria dei loro padri.
Oggi la politica agricola e di sviluppo rurale dell’Unione Europea è dalla parte delle razze locali, ora a noi l’arduo compito di farle diventare, in futuro, “sostenibili” economicamente, senza però per questo scadere nel proporre un’agricoltura solo di “vetrina”.

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