27 Novembre 2006
Si sono svolte sabato 21 e domenica 22 ottobre le “Giornate Zootecniche di Edolo (BS) 2006”.
Durante la prima giornata il dott. Luigi A. Brambilla, Consigliere RARE, ha stimolato il dialogo tra gli allevatori con la relazione “Lo stato di salvaguardia e le problematiche attuali della Capra Bionda dell’Adamello”.
Il giorno successivo si sono confrontate le capre: ben 405 i soggetti in concorso suddivisi in 10 categorie.
Sunto della relazione:
Lo stato di salvaguardia e le problematiche attuali della Capra Bionda dell’Adamello
(Edolo, 21 Ottobre 06)
di Luigi Andrea Brambilla
Esperto di problematiche di tutela delle razze caprine alpine locali
Se confrontiamo l’attuale stato di salvaguardia della capra Bionda con la situazione di tutela presente nella maggior parte delle razze caprine alpine italiane in via di estinzione, emerge un quadro da un lato molto confortante, per le grandi potenzialità di questa razza, ma dall’altro, scoraggiante, perché queste potenzialità sono statiche e latenti da anni e quindi, totalmente inespresse.
La capra Bionda è, infatti:
ufficialmente riconosciuta (ha il suo Registro Anagrafico, rientra nei programmi di tutela dell’Ue), gode di una discreta salute numerica (più di 4.000 capi regolarmente iscritti), di un buon numero di allevatori (circa 120), di un grande territorio di allevamento (3 province, in 2 regioni), presenta un prodotto caseario tradizionale e ufficiale (il Fatulì, inserito nei Prodotti Agricoli Tradizionali -Regione Lombardia- ), presenta una associazione di razza regolarmente costituita nel 1995 (Associazione Allevatori per la Tutela e la Valorizzazione della Capra Bionda dell’Adamello), è protagonista di importanti manifestazioni zootecniche (Edolo e Valle in Provincia di BS) ed è coinvolta nell’ istituzione di un premio culturale dal 1998 (premio “Bonomelli Bernardo, una vita alla montagna”). Nessuna razza caprina alpina presenta, tutte insieme, queste importanti caratteristiche. Tutto ciò però non è stato sufficiente in tutti questi anni (i primi lavori di indagine conoscitiva risalgono al 1992), a strutturare un piano serio e continuativo di “salvaguardia” e “miglioramento” di questa razza. Inutile ricercare ora, a distanza di quattordici anni, colpe e colpevoli, ma sicuramente il freno al progresso della Bionda è da individuare nella realizzazione passata di sporadici programmi d’intervento, mai continuativi, e spesso con finalità poco attinenti alla salvaguardia. Ancora oggi le poche proposte che vengono fatte, e mai nelle sedi ufficiali, sono rivolte alla risoluzione di problematiche inesistenti o non prioritarie. Spesso si sente parlare, infatti, di consanguineità, taglia e mole ridotta degli animali, bassa produzione di latte, necessità della nascita di un centro becchetti, miglioramento con l’introduzione ufficiale di riproduttori di razze estere e già migliorate, istituzione di un marchio per l’unico prodotto caseario ufficiale, applicazione dei principi di selezione delle razze caprine cosmopolite e così via. Tutte problematiche non supportate da serie e responsabili riflessioni tecniche, sia perché in alcuni casi sono in antitesi con i principi di “salvaguardia” delle razze caprine alpine locali, sia perché risultano, il più delle volte, irrealizzabili alle attuali condizioni di gestione di questa razza. Gli stessi allevatori faticano a capire che la “salvaguardia” e il successivo “miglioramento”, che nel caso delle razze locali riguarda indistintamente aspetti socio-economici e tecnici senza il prevalere di uno sugli altri, è un percorso lungo, difficile e assolutamente incerto. “Lungo”, perché sono parecchie le tappe da superare e mai con tempi e scadenze definibili a priori; “difficile”, perché non esiste ancora oggi, nemmeno all’estero, una strategia sicura di come debbano essere affrontate queste problematiche, e l’impegno è comunque molto gravoso; “incerto”, perché non è possibile predire se un domani vi sarà la stessa sensibilità istituzionale (Nazionale e/o dell’Ue), e di mercato, verso le razze locali e i rispettivi sistemi allevatoriali di tipo tradizionale-pastorale.
Concludendo, in una visione propositiva:
da dove può riniziare l’avventura della capra Bionda dell’Adamello?
Sicuramente dalla buona volontà da parte di tutti nel costruire collaborativamente una univoca strategia per la risoluzione di problematiche reali e non fantasiose. Va costituito necessariamente un “gruppo di lavoro locale” che riunisca diverse figure e con diversa competenza, allevatori imprenditori e familiari in primis, e che sia in grado di dibattere su tematiche comuni e tracciare, con il contributo degli enti locali, i possibili interventi nel rispetto degli attuali principi di una zootecnia sostenibile in montagna.
Breve cronaca della giornata di gara
di Laura Milone
La giornata di domenica 22 ottobre ha visto l’attiva partecipazione degli animali in concorso, i quali, accompagnati nel ring dai propri allevatori, si sono prestati alla valutazione del dott. Giorgio Zanatta, giudice di gara.
I soggetti sono stati presentati e valutati in base alla categoria di appartenenza (per la sezione maschi: becchi nati nel 2006, becchi nati nel 2005, becchi nati nel 2004 e 2003, becchi nati nel 2002 o precedentemente; per la sezione femmine: gruppo di tre caprette nate nel 2006, caprette singole nate nel 2006, capre nate nel 2005, capre nate nel 2004 e 2003, capre nate nel 2002 e 2001, capre nate nel 2000 o precedentemente) mantenendo viva l’attenzione del pubblico fino a tarda mattinata. L’elevato numero di animali in gara (405 provenienti da 24 allevamenti), così come il loro livello, ha confermato l’interesse e la partecipazione a questo consueto appuntamento. Quest’anno la presenza di allevamenti dalle province di Bergamo e Trento ha permesso di veder rappresentate tutte le zone di diffusione di questa razza (BS, BG, LC, TN). La manifestazione si è chiusa nel pomeriggio con la premiazione dei migliori soggetti e la tradizionale “pesca bionda” che ha assegnato al fortunato vincitore una capra Bionda dell’Adamello.